di Cesare De Agostini
“Mantova perduta” racconta la città che affrontava il ‘900 con mura, bastioni, ponti, torri, torrette, soprattutto Porte. Nel giro di qualche decennio la sua struttura venne, però, stravolta. Per fare spazio, inseguire la luce e il progresso, si cominciò a demolire. Le mura sparirono, i bastioni furono soppressi, anche le Porte non si sottrassero al loro destino.
“Mantova perduta dà conto delle molteplici polemiche che si accesero tra i quotidiani locali, la Gazzetta di Mantova e La Provincia: la Gazzetta si era schierata con chi cercava di non toccare quelle preziose testimonianze del passato; la Provincia dava voce a chi sosteneva che le Porte non possedevano alcuna arte, impedivano all’aria di entrare in città. Inoltre, si doveva demolire per dare lavoro ai disoccupati. E perché il lavoro doveva essere procurato con le demolizioni e non con le ristrutturazioni o i rifacimenti ex novo? Perché, demolendo, si potevano riutilizzare i materiali, risparmiando.
La formula di “Mantova perduta” è nuova. Accanto all’epopea rovesciata delle Porte, offre dei flash paralleli, squarci di cronaca: la comparsa della bicicletta chiamata “velocipede”; quella dell’automobile destinata a intaccare pesantemente il tessuto della città; le vie che, specialmente per le signore, diventavano passerelle.
Il libro è sostenuto da una serie di fotografie (più di centocinquanta), molte delle quali inedite.